MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

Circa diciotto mesi fa la banca centrale Svizzera ha abbandonato il cambio con l’Euro a 1,20, permettendo alla propria valuta di rivalutarsi mediamente del 15 percento.

All’epoca, le principali banche d’affari davano per scontato l’entrata in recessione del paese elvetico, per almeno due anni. Una vera e propria disfatta era stata definita.

Noi di Money Risk Analysis eravamo piuttosto scettici riguardo a queste previsioni, per il semplice motivo che l’economia svizzera oltre al settore finanziario, si basava principalmente su prodotti di alta qualità i quali avevano poco a che vedere con la competitività valutaria.

Tanto per fare un esempio molto semplice, chi comprava il Rolex lo faceva indipendentemente dal rincaro del prezzo, per non parlare di tutti i prodotti farmaceutici più evoluti e non rammentatemi la cioccolata di cui ne vado pazzo J J J

Ad oggi, se guardiamo alla dinamica del Pil negli ultimi due anni, di recessione non c’è la benché minima traccia, mentre oggi addirittura assistiamo ad una crescita su base annua del 2%.

Questa è la conferma che la Svizzera è un paese altamente resiliente ai cambiamenti economici sia interni che esterni.

Ben più resiliente della Germania se pensiamo che durante la crisi del 2008/2009 la Svizzera subì una contrazione di solo il 3% sul base annua contro il -8% del Pil tedesco. La Gran Bretagna subì in quel periodo un calo del 6%.

Visto che molti inglesi, quando sono andati alle urne votando a favore del Brexit, avevano la Svizzera come modello a cui mirare, è bene considerare se il Regno Unito abbia le stesse potenzialità degli elvetici oppure no.

Intanto dobbiamo dire che la Svizzera ne ha fatti di passi in avanti, in favore di una convergenza con i paesi Ue. Basti pensare che da oltre due anni non appartiene più alla black list e che un cittadino europeo (visto che il segreto bancario è stato abolito) può tranquillamente aprire un conto corrente in quel paese secondo le regole stabilite dal diritto bancario internazionale, purché ovviamente dichiari il tutto, con il vantaggio di non subire il famoso bail-in applicato dalla Ue.

Il Regno Unito invece, benché ancora non sia accaduto niente, è destinato ad intraprendere una fase divergente, rispetto all’Unione Europea, ovviamente tutta da definire.

Fino ad oggi la sua posizione le consentiva pochi oneri, ma tanti onori. Basti pensare che il 40% dei volumi di interscambio tra l’Europa e gli Usa passava dal Regno Unito, senza considerare l’importanza dovuta alla sua funzione di ponte finanziario tra i due continenti.

In realtà gli inglesi non hanno mai visto di buon occhio il doversi legare ad un’entità che sminuiva la loro indipendenza, ma soprattutto la loro ormai troppo lontana importanza storica.

Più che con il cervello gli inglesi quindi hanno votato con la pancia, in quanto se da un lato avranno la loro totale indipendenza dall’altro la somma algebrica tra vantaggi e svantaggi, sembra al momento chiaramente negativa.

Sempre gli inglesi hanno bene in mente una giornata storica che non dimenticheranno mai:

Mercoledì 16 settembre 1992, la Banca d’Inghilterra sotto attacco della speculazione, con Soros, in prima fila, è costretta a svalutare e ad uscire dallo Sme.

Altre date così importanti gli inglesi non le ricordano. Questo per dire quanto siano sensibili alla propria moneta.

In questi giorni, dopo l’annuncio di Theresa May di applicare l’articolo 50 entro la fine di Marzo, la Sterlina ha ricalcato quel famoso 16 Settembre, passando da 1,30 a 1,24 contro Dollaro, senza Considerare il flash-crash, sul quale ho seri dubbi che sia stato un fatto episodico.

Chissà cosa sarà passato per la testa degli inglesi?

Il Regno Unito è il 5° paese al Mondo in termini di Pil (4% del Pil mondiale) e il 9° in termini di potere di acquisto. Il 5° maggiore esportatore e il 6° maggiore importatore. Ovviamente a questi dati ha contribuito la sua grande apertura al Mondo globalizzato. Come dicevo prima, ben il 40% degli interscambi Usa-Ue passano per il Regno Unito.

Il settore dei servizi, in particolare quello finanziario, contribuisce al 78% nella formazione del Pil. Altri settori importanti sono l’aerospaziale, legato anche alla difesa, e il settore farmaceutico.

Dal periodo pre-crisi il Pil è cresciuto di quasi l’8 percento, contro il 3% scarso della Germania. Sicuramente il Regno Unito ha beneficiato dell’Ue più di ogni altro paese. Il boom ha quindi contribuito a far lievitare l’orgoglio nazionalista?

Riportiamo quanto scrive un nostro abbonato che vive prevalentemente a Londra:

 

Per provare a tracciare alcuni Punti

Io credo che uno degli elementi fondamentali, che sposteranno gli equilibri, sia il mantenimento o meno del fatidico “Passporting rights for London-based financial firms”. Ossia i diritti mediante i quali una società con sede a Londra può operare su tutto il territorio Ue.

Prima ancora, ahimè, degli accordi sulla libera circolazione dei Lavoratori e\o delle Merci 

Intendo dire che, secondo me, se si otterrà il primo punto,

gli altri 2 agli occhi dei Mercati, diventeranno quasi “secondari o marginali”

 Immagino e mi auguro, che per quanto riguarderà gli altri punti, la Libera circolazione dei Lavoratori e delle Merci, si vada verso la direzione del “Modello Svizzera”

 Ma in ogni caso la sensazione da parte mia, è che lo UK medierà e tratterà su questi 2 punti solo per ottenere il massimo possibile per quanto riguarda il Settore Finanziario, ed in maniera differente, per l’Export

Export non tanto di prodotti prettamente UK, ma come “porto di Ingresso di Prodotti Non EU”- soprattutto da US- China- India   etc etc etc

 (se ci pensate, è una situazione non poi così tanto differente dallo Status Quo attuale

– E questo fa ancora più riflettere su questa sorta di “esperimento di Suicidio” che è stato il Referendum sulla Brexit… –

 Le concessioni sul Labour Market e soprattutto sul differente trattamento di Contrattualizzazione e del Welfare dei Lavoratori EU – già tutte ottenute dal Governo Cameron ben prima del Referendum

 La EU non è masi stata, mi sembra, comunque non lo è ora, un Mercato “interessante” per l’Export di Prodotti e soprattutto Servizi UK

O meglio in EU non lo hanno mai veramente permesso…

Meglio, molto meglio gli US ed i Mercati Asiatici 

Ed anche questo già ce lo hanno attivo e lo stanno rafforzando

 Ammesso, e sarebbe “la follia”, che si vada ad una Guerra delle Merci- Goods Market e fine del Single Market 

 Se l’import dalla EU verso lo UK dovesse subire degli “intoppi” o peggio ancora delle Import Taxes specifiche,

chi ne avrebbe più da perdere in termini strettamente Economici … ??

 Che Merci fondamentalmente “potrebbero perdere” o meglio veder Aumentare sul Mercato UK ?

Cosa è di fondo, se già non lo fanno attualmente, che non potrebbero sostituire con altri Mercati limitrofi, a partire dalla più vicina Turchia ?

(chissà, a parte forse il Luxury …)

 Che Merci invece la EU potrebbe rischiare di veder diminuire verticalmente nel suo Export verso lo UK …?

Etc etc )

 Di Contro, certo, se la EU dovesse “puntare i piedi”, o peggio ancora,

soprattutto se non fosse in grado di esprimere una vera Linea Politica e questo dovesse portare all’immobilismo,

come poi in fondo è avvenuto fino ad ora,

beh questo potrebbe portare veramente verso il Caos e l’instabilità

 E danni grandi per il Mercato e la situazione Finanziaria UK, ma purtroppo immagino anche allo stesso modo per quelli EU

 

Al netto della GB la Ue ha un Pil di 14.000 mld ed è il principale consumatore al Mondo subito dopo gli Usa. Perdere un mercato come l’Ue per il Regno Unito sarebbe un danno irreparabile. In particolar modo la piazza londinese è tutt’oggi l’epicentro degli interscambi finanziari tra Usa e Ue.

Una Hard Brexit passerebbe inevitabilmente da una rivoluzione proprio sul settore finanziario, a tal punto che qualche banca ha già iniziato a smaltire personale.

L’Europa inoltre dovrà in tutti i modi scoraggiare altri paesi a intraprendere la strada dell’UK. Questa, di contro, dovrà badare al suo interno, in quanto la Scozia si è dichiarata fin da subito favorevole ad una scissione, al fine di rimanere nell’Ue. Non va dimenticato che in quel paese ci sono le maggiore riserve petrolifere del Regno.

La perdita di fiducia sulla Sterlina, che sta affiorando sui mercati, potrebbe inoltre, penalizzare il potere di acquisto degli inglesi, con tensioni inflattive tali, da obbligare la Banca Centrale ad un cambiamento radicale della politica monetaria.

I mercati, come sappiamo odiano l’incertezza e su questo tema purtroppo abbonda.

Se per la Svizzera a suo tempo non prevedevamo una recessione a differenza di tanti analisti molto più accreditati di noi, questa volta le cose sembrano suonare un po’ diversamente.

Personalmente, credo, che il mini-boom post Brexit sia stato una specie di salto del gatto morto.

 

Nota sui mercati emergenti

Nei giorni scorsi l’agenzia Standard & Poor’s ha messo in guardia gli investitori sul fatto che questo boom di flussi non corrisponde di fatto ad alcun miglioramento delle prospettive per le economie emergenti che continuano ad essere vulnerabili al rialzo dei tassi Fed, alla volatilità delle commodities e al rallentamento dell’economia cinese. Nonostante i capitali siano tornati ad affluire il rating sovrano di diverse economie emergenti è in chiaro peggioramento.

Un motivo in più per giocare in difesa

Il Team di MoneyRiskAnalysis

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