MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

Mario Draghi si ripete, purtroppo finora invano, per richiamare l’Italia insieme a tutti i ritardatari dell’Eurozona all’urgenza delle riforme strutturali per tornare a crescere. Il primo avvertimento a uscire dalla palude dei veti incrociati per attuare una precisa serie di riforme con allegato calendario era arrivato a Roma nell’estate del 2011: allora Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, e Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, avevano scritto una severa lettera a quattro mani consegnata agli archivi senza grandi risultati concreti, caduta del governo Berlusconi a parte. L’anno dopo, nel corso di un’altra estate ancora più bollente con l’euro sull’orlo del baratro, Draghi ormai a Francoforte aveva fermato la tempesta sui mercati comunicando ai medesimi che avrebbe preso «tutte le misure necessarie» a garantire la tenuta della moneta unica.

BCE – In breve, la Bce avrebbe fatto la sua parte fino in fondo ma i governi avrebbero dovuto fare la loro, risanando i conti pubblici e facendo le riforme strutturali. Ma anche in questo caso l’Italia non ha reagito a dovere. Nel frattempo Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna, i Paesi finiti sotto i rigori della “troika” per aver chiesto gli aiuti europei, si auto-riformavano per forza e ora sono quasi tutti tornati sui mercati e ricominciano a crescere. L’Italia ha evitato gli aiuti e quindi la troika ma ha anche evitato di fare le riforme: in questo modo non è uscita dal tunnel del commissariamento futuro ne è tornata a crescere.

ALLARME – Ora Draghi ha lanciato il terzo allarme: ignorarlo ancora una volta significherebbe avviarsi al suicidio. Occorre dar subito seguito ai consigli arrivati da Francoforte e Bruxelles perché altrimenti l’economia italiana è condannata a continuare a recedere anziché avanzare.

L_italia_che_affonda

RENZI – Occorre che il Governo Renzi, dopo l’effimera vittoria acquisita con la riforma del Senato,abbandoni la politica degli annunci che comincia a innervosire non soltanto gli italiani, ma anche i mercati e i nostri partner europei, ansiosi di vedere i fatti. La crisi del Pil italiano deriva in larga parte dalla crisi degli investimenti, che a sua volta dipende dalla mancanza di fiducia, e quindi di aspettative positive, in un Paese bloccato da una lunga e pesante crisi strutturale. Vanno quindi rimossi al più presto tutti gli ostacoli che soffocano o scoraggiano chi fa business in Italia: che si chiamano pubblica amministrazione inadeguata, giustizia dai tempi biblici, mercati del lavoro, dei prodotti e dei servizi sclerotici e privi della flessibilità indispensabile per competere su scala europea e globale. La diagnosi è nota, la terapia anche: la ripete da anni la Commissione europea.

L’ha ribadita Draghi. Bisogna agire subito con coraggio. Sull’Italia pende il rischio concreto dell’apertura entro l’anno di una procedura Ue per mancato rispetto degli impegni presi sui fronti del debito e delle riforme. Ma Renzi, dopo averci meditato un po’, in un primo momento ha risposto che non prende ordini dall’Europa, poi, venuto a più miti consigli, ha parlato sia con Draghi che con Napolitano per confontarsi con loro sul da farsi per rilanciare l’economia.

Questa è proprio l’ultima occasione, se il premier non riesce a dare un colpo d’ala sarà inevitabile l’intervento della troika, che sembra proprio l’ultimo rimedio per evitare il disastro.

fonte: firenzepost

Categories: Miscellanea

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