MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

Molti di voi ormai, avranno fatto caso al modo di ragionare dei mercati, a fronte dei dati che descrivono lo scenario economico globale.
Quando l’economia dà segni di cedimento, i mercati spesso reagiscono positivamente, confidando nella generosità delle banche centrali, che continueranno con molta probabilità a perseguire la politica monetaria non convenzionale.
Capita invece il contrario, nel momento in cui i dati accennano alla ripresa, in quanto aumentano le probabilità che le autorità monetarie possano affossare il piede sul freno della liquidità.
Sono ormai molti mesi che questa dinamica è in corso, a tal punto che gli investitori sembrano dover rivedere le loro strategie oltre che a calibrare diversamente il proprio grado di rischio.
In realtà questo sarebbe l’obiettivo finale delle banche centrali.

E’ davvero sorprendente inoltre, come la quasi totalità degli investitori/risparmiatori confidi ciecamente sull’onnipotenza dei governatori. Per averne una conferma, basti pensare al modo di reagire dei mercati dopo un discorso di Bernanke o di Draghi, per non parlare del governatore della Boj, che ultimamente sembra aver sconfitto la legge di gravità.

Raramente si vedono minoranze di economisti, invece, che si interrogano sull’efficacia delle politiche quantitative e del loro stato di avanzamento.

Prima di arrivare al succo dell’argomento è doveroso fare un piccolo ripassino dei motivi che hanno portato a questa stortura nel modo di ragionare degli operatori.

Alla fine del 2008 il mondo finanziario, dopo il caso Lehman, ma soprattutto, dopo lo scoppio della bolla dei mutui, era chiaramente in bancarotta. I tassi applicati dalla Fed erano praticamente a zero e fu così che Bernanke avviò la fase 1 del QE, al fine di evitare la famosa e tanto temuta trappola di liquidità. Il QE consisteva nell’acquisto di titoli, sia di Stato che rappresentativi di mutui. Tutto ciò dette modo di rianimare il sistema bancario, che altrimenti sarebbe imploso trascinando con sé l’intera economia.

Ma cos’è una trappola di liquidità? Con trappola di liquidità si definisce quella situazione in cui la politica monetaria non riesce più ad esercitare alcuna influenza sulla domanda, e dunque sull’economia. A coniare questo termine fu proprio Keynes, la cui soluzione per sconfiggerla, fu l’aumento di spesa pubblica.

E’ per questo quindi che la Fed e le altre banche centrali, intrapresero politiche monetarie mai prese fino a quel momento, in quanto la leva dei tassi, che erano già prossimi allo zero, non poteva influire minimamente sulla domanda.

Parallelamente, molti Stati attuarono alla lettere la cura di Keynes, partendo tuttavia da livelli di indebitamento pubblico già molto elevati, vedi Giappone e Usa.

L’efficacia sull’economia della politica quantitativa fu molto incisiva nella prima fase per poi attenuarsi difronte alle successive.

Il primo anno di QE, oltre a rimettere in moto la macchina inceppata del credito, contribuì a schiacciare i rendimenti delle obbligazioni, immettendo quindi liquidità anche sul circuito finale dell’economia. Pensiamo ad esempio agli effetti che generò sul portafoglio di un americano medio, che fino a quel momento confidava anche su redditi da capitale, come cedole su Titoli di Stato e azioni. Lo schiacciamento dei tassi influì positivamente sui corsi obbligazionari generando plusvalenze sull’investitore finale. Questa percezione di maggior ricchezza in realtà non era altro che un anticipazione delle cedole che sarebbero state distribuite negli anni a venire. Ciò, tuttavia servì a rianimare la domanda, nonostante un impoverimento in termini prospettici del consumatore medio.
A fronte della politica quantitativa, invece, abbiamo assistito ad una dinamica dei salari in molti casi negativa, frutto della ricerca di maggior competitività. Le aziende, oltre a perseguire uno schiacciamento dei salari, rimanendo  consapevoli della precarietà e vulnerabilità dell’economia globale, si sono mostrate particolarmente attente a non eccedere in nuove assunzioni. Tuttavia non si sono tirate indietro a mantenere costante la linea di crescita dei compensi ai manager, amplificando ulteriormente la concentrazione di ricchezza.

Dinamica del rapporto stipendi manager/salari base

Attraverso questo grafico possiamo osservare come i compensi dei manager siano aumentati oltre misura in proporzione ai salari base. Questa dinamica sta portando ad un accentramento di ricchezza insostenibile economicamente parlando. 

Pertanto, il cittadino medio, una volta beneficiato degli effetti della prima politica monetaria non convenzionale, si è trovato in una situazione, forse, peggiore di prima.
Se prima poteva contare in redditi da capitale, come ad esempio cedole o tassi d’interesse, che successivamente sarebbero ritornati in circolazione attraverso i consumi, adesso può solo fare affidamento sul reddito da lavoro, che in termini reali ha perduto il proprio potere d’acquisto in nome della competitività.

Dinamica dei redditi 

In questo grafico è rappresentata la dinamica dei redditi in termini reali. Spicca il -9% del salario minimo. I dati sono fino al 2005, ma basta per capire quanto questa dinamica incida negativamente  sull’economia globale. Teniamo conto che dal 2005 ad oggi le cose sono solo peggiorate in termini di salari minimi reali.

I successivi interventi della Fed quindi hanno influito sui consumatori con un target di asset molto elevato e soprattutto diversificato, ma non hanno impresso quella percezione di ricchezza sul consumatore medio, come nel primo caso. Del resto i tassi si erano già avvicinati alla linea dello zero, a tal punto che i progressi in conto capitale erano pressoché nulli. Per non parlare dei rendimenti da capitale ormai negativi. Un investimento a due anni a tasso fisso, ad esempio, comporta una perdita in termini reali di circa il 3%.

DISTRIBUZIONE RICCHEZZA FINANZIARIA

Questo grafico risalta in grigio quanta percentuale di ricchezza finanziaria effettiva sia in mano al 20% della popolazione (ben l’85%), quanto quella percepita e quanto  quella ideale. E’ interessante notare come quella percepita sia ben lontana da quella effettiva. Per non parlare di come dovrebbe essere idealmente distribuita. 


Nonostante questo, tuttavia, la politica della Fed permetteva il mantenimento di una spesa pubblica, in grado di animare l’economia, oltre ad alleviare il costo di tutti coloro che erano alle prese con il mutuo da pagare.

Con questo non dico assolutamente che il QE delle banche centrali sia stato un intervento sbagliato, ma voglio solo constatarne la sua efficacia nel tempo.

Quando parlo di redditi da capitale, a tasso fisso, inoltre, non mi riferisco ad una cerchia ristretta, ma ad un montante che rappresenta il 60% della ricchezza finanziaria mondiale. Una cifra ben superiore ai 40 mila mld.

Ebbene, adesso, questi 40 mila mld di dollari, presentano un rendimento reale negativo. Non sono pertanto presenti, quei proventi, che in qualche modo venivano reimpiegati nel ciclo economico.

In questo grafico sono riportate le asset class a livello mondiale. Sommando tra loro tutte le componenti di bond arriviamo a oltre 45 trilioni di dollari, pari alla grandezza del pil mondiale. In questa torta non sono compresi i conti correnti e i depositi vincolati, che comunque rappresentano una voce in conto capitale in grado di generare reddito, almeno fino a quando i tassi erano superiori allo zero. Inoltre, se nella parte dei governativi, depuriamo la parte presente negli attivi delle banche centrali, il dato relativo all’equity sale decisamente a conferma che non vi è un sottopeso nella parte a rischio.

Immettere ulteriore liquidità quindi, non può produrre quegli effetti visti nella prima fase del QE, tenuto conto oltretutto che stiamo entrando in una fase di rientro della spesa pubblica, onde evitare un’esplosione incontrollata del debito pubblico a cui si sta avvicinando il Giappone attraverso l’Abenomics.

Le banche centrali, anziché incentivare la crescita economica, si stanno solamente sostituendo ai risparmiatori nella sottoscrizione dei debiti pubblici al fine di renderli sostenibili. Gli stessi risparmiatori a loro volta si stanno spostando sempre più verso asset a maggior rischio e comunque legati al cordone ombelicale della crescita. Questo meccanismo, oltre ad amplificare la concentrazione di ricchezza avrà effetti sull’economia pressoché nulli in quanto non sarà in grado di compensare le variabili che stanno giocando negativamente. Piuttosto stiamo assistendo all’allungamento del cordone tra l’economia reale e quella finanziaria.

Proprio il Giappone, sta cercando di uscire da una trappola di liquidità, durata ben venti anni, attraverso l’immissione di moneta, quasi in modo indiscriminato, della Banca Centrale, la quale sta indicando, a comando, addirittura, i target dell’indice azionario. Ciò significa che gli altri canali, non stanno più generando effetti in termini di percezione di ricchezza. Questo gioco a gonfiare bolle, crea inevitabilmente un distacco tra economia reale ed economia finanziaria, che tuttavia saranno con il tempo destinate a reincontrarsi.

E’ lecito quindi domandarsi se, la dinamica monetaria vista negli ultimi 4 anni stia portando  ad una trasformazione radicale del sistema capitalistico se non addirittura alla sua distruzione.

Spesso ci si rifiuta di ammettere che la vera causa, della crisi iniziata nel 2007, sia da ricercare nei salari. La perdita del loro potere di acquisto, frutto di politiche sbagliate già dai tempi della Reaganomic, ha portato il consumatore medio ad indebitarsi oltremisura per stare al passo coi tempi, fino al punto di trovarsi in una situazione non più sostenibile.

Il dramma che vedo è che ancora oggi, si stia perseguendo l’uscita dalla crisi reale, attraverso la competitività  salariale misurata tra forze e realtà economiche completamente diverse. Ovviamente non sto qui a descrivervi la differenza del processo produttivo e il rispettivo costo, tra un bene prodotto in Usa e uno in Cina. Sarebbe scontato, ma purtroppo non lo è, che la competitività fosse misurata tra forze aventi parametri e regole omogenee.

Quindi, da un lato si fa pressione verso il basso sui salari reali, dall’altro si cerca di reflazionare, in presenza di una trappola di liquidità sempre più evidente.
La Germania è l’unica contraria a questa politica. Essa da un lato, cerca maggiore competitività è vero, ma dall’altra persegue una politica volta a difendere il potere di acquisto.

Come detto più volte, il Giappone (non poteva fare altrimenti, visto che l’alternativa era alzare bandiera bianca difronte ad un debito del 240%) sta diventando il canarino della miniera mandato in missione per esplorare orizzonti sconosciuti. Nel caso di un’implosione del sistema monetario nipponico (più che probabile) gli altri paesi faranno retromarcia. Al contrario passeranno allo step successivo, sparando un QE atomico, allargando quindi sempre più il divario tra economia reale ed economia finanziaria, le quali, come detto, prima o dopo inevitabilmente si incontreranno.

Quindi, per ricapitolare.

Il QE ha permesso di colmare le voragini provocate dall’implosione del sistema bancario e di accelerare la domanda pubblica al fine di rianimare l’economia.

Tuttavia a distanza di qualche anno assistiamo ad un venire meno dei redditi da capitale, causa il perdurare di tassi reali fortemente negativi, mentre al tempo stesso i deficit pubblici sono destinati a rientrare attraverso una diminuzione della spesa. Quindi minori redditi per consumo, sia pubblici che da capitale. La rivalutazione degli asset azionari riguarda in larga parte una minoranza della popolazione, la quale rappresenta una fetta minima nella torta dei consumi globali.

La trappola di liquidità sembra pertanto sempre più evidente, in quanto ad oggi, le politiche monetarie non convenzionali sembrano al solo servizio del debito pubblico, senza imprimere un’accelerazione della crescita.
Parallelamente non si persegue una crescita dei salari reali, che a mio parere sarebbe l’unico volano in grado di rimettere l’economia su un circuito virtuoso. Crescita dei salari che dovrebbe essere equilibrata da un maniacale rispetto delle regole. Per questo dovrebbero esserci gli Stati a tutela dei diritti, altrimenti gli stessi non avrebbero nemmeno ragione di esistere.
I margini delle società quotate non sono mai stati così elevati, proprio perchè da un lato si è incentivato la domanda artificialmente mentre dall’altro si è fatto pressione sui salari, attraverso la globalizzazione selvaggia. E’ chiaro che questa dinamica è insostenibile.

Le banche centrali, rimangono cieche difronte a tutto questo, continuando a combattere la trappola di liquidità con mezzi sempre più anomali, fino a snaturare il concetto di libero mercato.
Questo aumenta  la distanza tra economia reale e finanziaria che prima o poi dovrà essere colmata.

Nel frattempo tutti noi rimaniamo in attesa del canarino giapponese che dovrà ritornare, nel caso abbia sperimentato positivamente i luoghi fino ad oggi sconosciuti. Se così non sarà fra un pò di tempo saremo a commentare la metamorfosi di un sistema economico ad oggi distorto.


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11 Responses so far.

  1. angelo caporossi ha detto:

    è già la trappola della liquidità. e quella in cui siamo caduti è veramente grossa. non so più cosa pensare.

  2. MaxP. ha detto:

    Ottimo resoconto dell&#39;attuale andamento dell&#39;economia-finanza, (sistema della CONCENTRAZIONE) che dalla fine degli anni 90, grazie alla DEREGULATION di Clinton prima e Bush poi, premia solo la classe altissima e gli &quot;affrancati&quot; ad essa.<br /><br />Per tutti gli altri solo AUSTERITY………

  3. Andrea Facchini ha detto:

    Diciamo che il processo è iniziato già con Reagan. Se guardiamo addirittura il sistema fiscale Usa la tendenza ad accentrare la ricchezza è matematica.

    • Daniele P. ha detto:

      ti dirò… alcuni pensano sia iniziato ancora prima all&#39;indomani della crisi energetica del 1973 e dall&#39;uscita degli USA dal conflitto in Vietnam

  4. Anonymous ha detto:

    Io la vedo in modo molto più semplice.<br />Il capitalismo ha fatto il suo tempo e deflagrerà. Mi spiego meglio.<br />I soloni che gestiscono la finanza pensano che l&#39;accumulo di capitali sia qualcosa di infinito come l&#39;espansione dell&#39;universo. Beati loro…..<br />Pazzia vera e propria.Matematicamente parlando, ma non solo.<br />Produrre 100. Serve 70 se va bene. Pago 50. Il 50 che

  5. Anonymous ha detto:

    ……………il commento del 3/5 che ho fatto non vuole essere assolutamente di &quot;sapore&quot; ideologico. Lungi da me solo l&#39;idea, visto che odio le ideologie tutte, nessuna esclusa. Ma è semplicemente il punto di vista di uno che &quot;gira&quot; numeri dagli anni 80 per un grande gruppo leader mondiale nei beni d&#39;investimento del settore energetico. E che crede che la pazzia

  6. Andrea T. ha detto:

    &quot;In fin dei conti tutte le civiltà sono sparite dalla storia e passerà anche quella capitalista-consumista. Questione di qualche decennio al massimo.&quot; Concordo. Personalmente non ho risposto perchè le tue osservazioni aprivano tanti scenari sicuramente interessanti, ma una discussione in merito sarebbe stata OT 🙂 Comunque grazie per il commento che ho letto con attenzione.

  7. Andrea Facchini ha detto:

    Il post che ho scritto domenica nella rubrica l&#39;analisi della settimana, va in quella direzione, se leggete nella seconda parte. Forse qualche verità nel Corano c&#39;era scritta. <br /><br />Fra le altre cose anche nella civiltà occidentale, fino al 1500 non veniva esercitata l&#39;usura. <br /><br />

  8. Anonymous ha detto:

    grazie della risposta.<br />Giusto ieri ho letto l&#39;ultimo rapporto del Grantham Institute sui cambiamenti climatici…………….e mi sono fatto l&#39;idea che ho già da molti anni che non ci sarà una terza guerra mondiale( per qualche &quot;stratega&quot; una volta finita potrebbe creare un sacco di lavoro).<br />Non ce ne sarà bisogno visto che un &quot;nemico&quot; lo abbiamo già da

  9. sandro c altrove ha detto:

    Scusate, è un po che creco di capire sta cosa, ma nessuno mi ha mai dato risposta.<br />La cosiddetta ricchezza che viene &quot;bruciata&quot; in borsa ogni tanto è quella dei numeri che stanno scritti dentro i computer delle banche (quindi i nostri risparmi).<br />Se così è, immettendo liquidità attraverso i titoli, quindi debito pubblico, in parte vado a compensare, e dovrebbe essere il motivo

    • Andrea Facchini ha detto:

      NO. Quando si parla di ricchezza bruciata in borsa si quantifica la perdita in termini di capitalizzazione delle borsa all&#39;indomani di un crollo. Tuttavia, non fa comodo ai media commentare quanta ricchezza si crea con i rialzi, in quanto qualcuno potrebbe anche incazzarsi e scendere in piazza per avere un rialzo dei salari. <br />Invece fa molto comodo allarmare la gente quando le cose vanno

  • Nassim Taleb

    "... ma nella mia esperienza non sono mai stato coinvolto in un incidente degno di questo nome. Non ho mai visto una nave in difficoltà sulle rotte che ho percorso, non ho mai visto un naufragio. Né vi sono stato coinvolto io stesso e neppure mi sono mai trovato in una situazione che minacciasse di trasformarsi in un disastro." 1907 E.I.Smith, comandante del Titanic, dal Cigno Nero
  • Massime dalla Finanza

    "Regola n° 1: non perdere mai denaro. Regola n°2: non dimenticare mai la regola n°1" W. Buffett

    "È meglio avere quasi ragione che completamente torto" W. Buffett

    Non è importante che tu abbia ragione o torto, ma quanti soldi si fanno quando hai ragione e quanto si perde quando si ha torto. G. Soros

    Il nemico principale dell'investitore è probabile che sia se stesso. B. Graham
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