MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!



La grande verità invece sta nel capire quale sia la differenza tra l’Italia e la Germania. 
Tempo fa quando mi fu chiesto di aderire alla campagna anti-BTP, rifiutando per colpa di puro amor di Patria, proposi: “più che focalizzare il problema su BTP sì e BTP no, accentrerei le proprie energie sull’inefficienza della classe imprenditoriale italiana, soprattutto quella riguardante la grande impresa.
La differenza tra Italia e Germania va ricercata soprattutto in questo campo.
Volkswagen,
Bmw, Siemens, Basf, D.Telekom, Bayer, Merck, Allianz. Solo queste società costituiscono un buon 30% del Pil tedesco, senza ovviamente considerare l’indotto legato ad esse. Non ci vuole molto per capire il ruolo, che queste aziende, hanno avuto nel panorama internazionale e gli effetti benefici derivanti da un quadro favorevole. Basti pensare che ormai, il fatturato di queste aziende per oltre 2/3 è generato nei mercati emergenti e negli Usa.

Volkswagen, tanto per fare un esempio, tra il 2000 e il 2002 si trovò in una situazione molto simile a quella di Fiat, subìta tra il 2004 e il 2005, ma non chiese nessuna riconversione del debito alle banche.

Oggi Volkswagen è la numero 1 al Mondo, mentre Fiat si trova ancora in presenza di una crisi di identità, avendo pensato più alla finanza, piuttosto che alla necessità di fare macchine piacevoli, ma la colpa non è degli operai, bensì. di chi ha le redini dell’azienda.

Adesso io mi domando che cosa c’entri la Merkel e la politica tedesca, con il successo delle aziende tedesche?
Sicuramente la politica il suo contributo l’ha dato. Esso però è stato più qualitativo che quantitativo, nel senso che sono bastate semplici regole mirate alla crescita e alla ricerca, tanto da fertilizzare al meglio il campo sul quale le aziende operavano.
Tanto per fare un’esempio, un operaio in cassa integrazione, veniva impiegato per accrescere la propria formazione e non lasciato a casa, magari a pensare ad un’altra soluzione lavorativa, vista la paura di perdere il posto.

Attraverso questo possiamo quindi capire, quanto sia importante per la Germania l’Euro. Un ritorno al Marco finirebbe per annullare il ciclo virtuoso nel giro di pochi anni, se non mesi, facendo arretrare il Pil in modo drammatico, con conseguenti effetti negativi sui conti pubblici e sulla fiducia dei mercati. 

Sotto il profilo dei conti pubblici il divario tra Italia e Germania è meno grande di quanto sia dipinto dai mercati, considerando oltretutto che il nostro Paese ha operato in un contesto politico e imprenditoriale avverso, data l’assenza di regole ufficiali e morali, che portassero un pò di acqua al mulino della gente comune.
Quante ne abbiamo subìte in questi anni se penso ad alcune aziende? Non è necessario parlare solo di Fiat, bensì potremmo prendere il nostro indice FTSEMIB e prendere un evidenziatore per segnare le virtuose, tralasciando quelle che hanno remato contro all’azienda Italia. Sono certo che la percentuale non evidenziata, sarebbe molto più alta, rispetto al risultato ottenuto sull’indice Dax o Cac, tanto per intenderci.

Il ruolo politico pertanto è essenziale per mettere in condizione le aziende di lavorare. Cosa inesatta invece sarebbe affermare che la politica è l’autore dei successi o dei fallimenti di una classe sociale. 

Un Paese come l’Italia, che nonostante i problemi, è riuscito nei primi 9 mesi a migliorare i propri conti, significa che al suo interno possiede un tessuto invidiabile, ma che non riesce ad esprimere il proprio potenziale, per la mancanza di un terreno fertile. Sarebbe come piantare i migliori semi, in un campo asfaltato, tanto per fare un esempio pratico. 

Questo per dire che l’Italia ha svolto il suo compito, se guardiamo ai numeri nudi e crudi, ma che il passo più importante deve essere ancora fatto.

La Merkel credo che sia consapevole del potenziale Italia, contrariamente ai gufi di casa nostra che avrebbero piacere sullo sfascio del sistema. Monti credo sia la persona giusta per valorizzare al meglio il nostro potenziale.


La parola chiave per far rinascere il nostro Paese si chiama: LIBERALIZZAZIONI che tradotto in termini pratici significa COMPETITIVITA’.

Volkswagen sarebbe nessuno, se non avesse dovuto misurarsi con aziende del calibro di Mercedes o Bmw, magari adagiandosi sui privilegi acquisiti, proprio grazie all’assenza di competività sul mercato interno.
In Italia, invece, grazie all’assenza di competitività hanno potuto sbocciare i vari Colaninno, Ligresti, Berlusconi, Famiglia Agnelli, Geronzi etc etc.

Ovviamente il mio e il vostro compito sarà quello di monitorare al meglio affinché tali liberalizzazioni rispettino tutti i settori, nel senso che non ci dovranno essere protezioni di vario tipo, al fine di remare a favore di certe lobby. Mi sto riferendo soprattutto al settore energetico e finanziario. Proprio in questo campo, ad esempio l’Italia ha sempre rifiutato di recepire le direttive europee, al fine di mantenere il predominio delle banche.

Detto questo sono fiducioso sul fatto che l’Italia se vorrà, sarà tra le protagoniste della Nuova Europa, mentre la Merkel, se non vorrà autodistruggersi, dovrà prendere atto della necessità di parlare chiaro all’appuntamento del 20 di gennaio.

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Categories: Crisi Euro, italia

4 Responses so far.

  1. Anonymous ha detto:

    bravissimo bellissimo articolo Luimir

  2. Anonymous ha detto:

    Quando parla di liberalizzazione del settore banca, fa riferimento alla consulenza indipendente prevista dalla mifid e mai introdotta definitivamente in Italia?<br />Sarebbe proprio una bella svolta …<br />Pierantonio Fabrizio Maria

  3. the hawk ha detto:

    Soprattutto

  4. benny51 ha detto:

    grazie per questo articolo chiaro ed esaustivo.<br />e pensare che molti blog pensano solo a delocalizzare e remare contro………..

  • Nassim Taleb

    "... ma nella mia esperienza non sono mai stato coinvolto in un incidente degno di questo nome. Non ho mai visto una nave in difficoltà sulle rotte che ho percorso, non ho mai visto un naufragio. Né vi sono stato coinvolto io stesso e neppure mi sono mai trovato in una situazione che minacciasse di trasformarsi in un disastro." 1907 E.I.Smith, comandante del Titanic, dal Cigno Nero
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