Ci sono dei numeri che è importante conoscere, al fine di comprendere l’entità della fase in atto sui mercati.
Nel 2009, la capitalizzazione delle borse era pari al 40% del pil mondiale, mentre adesso ha raggiunto o quasi la parità. Sempre dal 2009 ad oggi le banche centrali hanno immesso nuova liquidità sui mercati per una cifra compresa tra i 10 mila e i 12 mila mld di dollari, impiegata interamente nell’acquisto di bond o di obbligazioni. Ma il rialzo dei mercati ha generato un plus di valore pari a circa 40 mila mld.
Nel frattempo il debito pubblico complessivo mondiale è cresciuto di circa 15 mila mld. E’ facile intuire come in questi anni, le condizioni di bassi tassi abbiano favorito un chiaro spostamento di liquidità, da parte dei principali attori istituzionali (compresi i fondi pensione), in favore del mercato azionario, per non parlare di quello delle corporate, visto che il debito privato da inizio millennio è salito del 240%. Da oltre un anno la politica monetaria della banca centrale più importante al Mondo ha preso la strada del rialzo dei tassi, facendo venir meno il fattore più importante che aveva generato i flussi verso l’equity. Per fare un semplice esempio, i rendimenti, una volta ritornati su livelli più normali, costituiranno un asset essenziale proprio per i fondi pensioni o le compagnie assicurative, le quali fino a poco tempo fa erano costrette ad incrementare la quota di azioni per cercare di fare rendimento.
Il semplice investitore privato, invece, sembra essersi accorto della borsa solo nel momento in cui i tassi sono iniziati a salire, o meglio le obbligazioni a scendere. Questo dovrebbe bastare per capire che ci troviamo nella fase terminale del ciclo di lungo periodo. Da mesi sta avvenendo un costante spostamento da fondi obbligazionari ad azionari, soprattutto da parte di investitori che nella vita non hanno mai dimostrato di possedere due fattori essenziali per stare su questi mercati:
• Propensione al rischio
• Cultura finanziaria
Questo dovrebbe bastare per capire che ci troviamo in presenza di mercati apparentemente forti, ma che sotto sotto sono altamente fragili.