MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

Dall’analisi settimanale del 09.07.2016, per vedere anche la trimestrale iscriviti qui al servizio! E’ GRATUITO!

Democrazia

La Brexit ha messo a nudo la realtà.

L’euro sta provocando una crisi democratica generalizzata.

Per imporre politiche economiche impopolari e a volte assurde, si scavalcano le corti costituzionali dei paesi membri, i parlamenti, si costringono alle dimissioni i governi, si indicano i nuovi primi ministri, si cerca di impedire lo svolgimento di consultazioni popolari, si cambiano le costituzioni.

Così con Silvio Berlusconi (che piacesse o non piacesse il politico). Un attacco coordinato contro i bond italiani ha permesso di destituire un premier che dava fastidio all’Europa e che parlava di uscirne.

Così è successo all Grecia, schiavizzata da un’austerity che la sta facendo morire nemmeno troppo lentamente e che non ha rilanciato nessun settore.

L’Europa è unita laddove ci siano regole da approvare. E’ divisa sui temi caldi, sulle politiche da attuare per la ripresa (ma i 300 miliardi di euro del progetto europeo per gli investimenti, dove sono finiti? Aggià, erano 300 solo nel caso Giove fosse in linea con Urano e fosse il 3 venerdì di aprile e ci fossero 18.5 gradi centigradi alle 6 del pomeriggio …), sugli immigrati, sulle posizioni da tenere con la Russia etc etc

Quando si tratta di fare un po’ tutti fatica per il bene comune, non tutti sono d’accordo e le trattative procedono per mesi, forse anni. A volte sono veloci e decidono quelli che comandano (i tedeschi).

Quando uno stato chiede aiuto per un problema (vedi l’Italia con gli immigrati) lo si ignora fino a che il problema non diventa generale, o colpisce direttamente i paesi forti. Basti pensare che appena il primo immigrato ha messo un piede in territorio tedesco, subito è stato fatto un summit straordinario a livello europeo sul tema. Fa niente se l’Italia era 5 anni che lo chiedeva.

Quindi si tratta di poca coesione, poca lungimiranza e poca capacità di modificare il sistema in modo che sia più sostenibile. Si tratta di interessi nazionali che invece dovrebbero essere trasformati in capacità da statisti complessiva.

La Brexit ha permesso di capire che forse così bene nella UE non si sta.

In fondo se si sta bene, perché uscirne?

L’unione europea è un’unione monetaria fatta probabilmente troppo presto, a cui non si è aggiunta un’unione bancaria e fiscale in un tempo adeguato a sostenere il sistema.

Nel tempo poi si è allargata a qualsiasi cultura (vedi paesi dell’est e Turchia in prospettiva) accogliendo chi voleva entrare per scopi esclusivamente economici.

Si è quindi presentato l’eterno dilemma: i paesi più poveri che entrano per vantaggi economici (e geopolitici, ovvero togliere paesi alla lunga mano della Russia), i più ricchi che li tollerano finchè gli fanno comodo perché li vedono come bacino di consumo e manodopera a basso costo, e poi quando il vantaggio comune non c’è più i poveri vengono soverchiati dalla forza dei ricchi.

Ci sono delle regole ben definite, eppure la Germania ha un surplus di bilancio oltre il 6% anche se i regolamenti dicono che non può, quando altri paesi hanno una disoccupazione del 40% a livello giovanile (nonostante nessuno ne parli più).

Il Brexit quindi è una speranza.

E’ la speranza che l’Europa capisca che per stare unita deve cambiare molti regolamenti accelerando sull’unione fiscale e bancaria, oltre che su una coesione maggiore delle culture.

E’ la speranza che venga ceduta la sovranità (che è già stata ceduta nei fatti) in modo che venga fatto il bene complessivo e non venga tramutata la cessione di sovranità in soverchieria di alcuni.

Oppure è la speranza che l’Europa vada in mille pezzi, per ricostruirsi meglio successivamente. Imparando dai propri errori. Come la fenice rinasce dalle ceneri.

 In entrambi i casi per i paesi europei crediamo che l’unità sia l’unico percorso, ma non come è fatto ora. L’identità culturale va sicuramente mantenuta, ma non ci si può dimenticare che siamo in un mondo formato da colossi quali la Cina, l’India, l’indonesia, gli USA e che presi separamente, tranne forse la Germania (che pur dipende dagli altri per esserlo in un mondo molto globalizzato), non siamo sicuramente una potenza di rilievo.

Siamo il “vecchio” continente e solo una svolta può renderci nuovamente protagonisti a livello mondiale. Per ora siamo solo una “rottura di scatole” alla ripresa, e un posto dove è troppo rischioso investire perché non c’è una coesione e la moneta unica è debole.

Se non fosse per Draghi probabilmente saremmo già disgregati, oppure saremmo due Europe, quella del Nord e quella del Sud, con due monete.

La nostra speranza è che quindi l’Europa si muova, verso la disgregazione o verso un cambiamento positivo. E che i politici non riescano a tenerla ancora ferma, nonostante il Brexit.

Il team di MoneyRiskAnalsysis

Categories: euro, Europa

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