MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

(Dalla settimanale del 19.02.2016, presente nell’area riservata del sito www.moneyriskanalysis.com, qui per voi in via eccezionale oggi)

Il verbale dell’ultimo meeting della BCE, uscito martedì, mostra chiaramente come ci sia la volontà da parte della BCE “di rivedere e probabilmente riconsiderare” (“needed to be reviewed and possibly reconsidered”) il programma di easing iniziato a Gennaio 2015 con 60 miliardi di assett acquistati al mese, ed esteso di 6 mesi a Dicembre, fino a Marzo 2017.

 

Questa necessità viene spiegata con la ridotta crescita europea e la bassa inflazione, ben lontana dal target del 2%.

Grafico – Europa –Inflazione

 

I mercati si aspettano un taglio dei tassi a -0.4% (10 punti di meno rispetto ad adesso) e un aumento del easing quantitativo sopra i 60 miliardi.

Nella BCE non c’è solo Mario Draghi: la Germania dal canto suo continua la battaglia tra “more easing” e “more austerity”. Quale delle due dia maggiori risultati  è tutto da vedere. Shauble dal canto suo al G-20 a Shangai ha intenzione di portale alla luce la necessità di invertire il trend e ridurre le politiche monetarie espansive: in effetti alla Germania non è che servano a molto vista la sua situazione economica.

Sempre martedì la Banca Popolare Cinese, riluttante ad tagliare ulteriormente i tassi di interesse, ha detto che inietterà nuova liquidità nel sistema e che la valutazione della necessità di iniettare la liquidità per migliorare la crescita verrà fatta giornalmente e non più ogni 15 giorni.

Mercoledì è uscito il verbale del meeting della Fed di Febbraio, in cui si parlava chiaramente di aumento di rischi associati alla crescita economica USA e nuovi rischi globali per il rallentamento cinese.

Anche in Giappone le cose non vanno meglio. L’inflazione è in calo in maniera significativa, in parte sempre a causa dei prezzi del petrolio, in parte alla domanda piuttosto anemica al consumo.

 

Grafico – Giappone – Inflazione

Grafico – Giappone – Tasso di Crescita

 

La domanda che in molti si pongono a questo punto è: ma le politiche monetarie espansive, baluardo contro la recessione e unico driver degli ultimi anni in campo finanziario, servono davvero a qualcosa? Fanno davvero la differenza e fanno ripartire le economie?

I risultati sembrano dire di no.

Draghi dice da tempo che la BCE “farà tutto il necessario” ma che di fondo servono riforme strutturali. Ora lo dice anche Vincent Juvynsm global market strategist di JP Morgan Asset Management: “Quello che può ravvivare nuovamente l’economica europea sono riforme strutturali e del mondo del lavoro.”

Draghi, pochi giorni fa parlando al parlamento europeo, ha alzato le aspettative dei mercati, facendo intendere che la BCE farà quello che serve “non esistanto ad agire” per migliorare l’economica europea, muovendosi nel meeting di Marzo.

Del resto nell’ultimo verbale BCE, il board ha considerato importante intervenire a Marzo ma non ha detto come, visto che i membri hanno considerato prematuro decidere cosa fare. Questo perché le condizioni di volatilità del mercato finanziario e un senso piuttosto globale di incertezza su vari fronti sarebbero stati da rivalutare a Marzo, in base agli sviluppi. Hanno comunque confermato che i tassi verranno mantenuti bassi come quelli attuali (negativi dal 2014) o inferiori per un lungo periodo di tempo.

Le banche centrali come la BCE, la BPOC e la BOJ stanno quindi continuando la politica espansionistica. La Fed ha iniziato il rialzo dei tassi, sebbene lento e molto tranquillo, mostrando “fermezza” nella scelta pur mantenendo ancora l’easing complessivo e il riacquisto degli assett che vanno a maturazione. La BOE è in fermento visto che il Brexit comincia a diventare una questione prossima e non più una “cosa che faremo un giorno”. Infatti è sul tavolo dell’incontro dei primi ministri in queste ore, merce di scambio da parte della Grecia sul discorso profughi.

Chi vincerà la scommessa dell’easing monetario iniziata nel 2008? Le banche centrali? La finanza? L’economica reale?

Quello che si sta vedendo è che l’efficacia delle politiche monetarie espansive delle banche centrali sta scemando e che i mercati stanno piano piano iniziando un percorso di “back to basics” che sta avvicinando la finanza all’economia reale. Il che potrebbe anche essere ben visto dalle banche centrali in modo da poter fare “less easing”.

La vera incognita è che anche l’economia globale sta rallentando e quindi lo spread tra finanza e economica reale si sta mantenendo. L’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) ha effettuato una previsione di riduzione di crescita per il 2016 da 3.3% a 3%, e le cose potrebbero peggiorare ulteriormente in base ai prossimi dati proveniente dalla Cina. L’OECD segnala un rallentamento di Brasile, USA e Germania e rischio di alta volatilità sulle valute di numerosi paesi emergenti.

Grafico – OCED Dati Rilasciati poche ora fa

L’OECD continua il suo report uscito il 18 Febbraio, dal titolo “La crescita globale rimane bassa: si richiedono politiche urgenti in risposta” , sottolineando che i rischi di instabilità finanziaria a livello globale sono sostanziali. Alcuni mercati emergenti sono particolamente vulnerabili a forti cambi dell’exchange rate associati all’alto debito domestico.

Grafico – MSCI WORLD MENSILE

Grafico – MSCI EMERGING MARKETS MENSILE

 

L’OCED ha anche fissato la previsione di crescita cinese a 6.5% nel 2016 e 6.2% nel 2017.

L’OECD ha inoltre evidenziato come ci sia anche un rallentamento del commercio mondiale che si fissa al livello peggiore dopo il 2008 e il 2001.

Grafico – Commercio Globale – Crescita

Buona parte di questo è dovuto al rallentamento dell’import degli emergenti, tra cui in particolare la Cina.

Grafico – Import Cinese

Grafico – Commodities (valore nel 2012 = 100)

 

Come dicevamo prima, diversi paesi emergenti sono particolarmente vulnerabili causa l’ammontare del debito in valuta estera e il flutturale dei cambi. Al fluttuare dei cambi e con la perdita di valore della propria moneta, il debito in valuta estera aumenta uscendo dal controllo del paese che l’ha emesso e gli effetti possono essere molto pericolosi.

Grafico – Spread debito Emergente rispetto al debito dei paesi sviluppati

 

In particolare ci si riferisce al Brasile, Turchia e Russia. In Cina la crescita del debito privato ben sopra la media è un altro fattore considerato di rischio dall’OECD.

Nel porto viene sottolineato anche come a livello global, non possano essere visti gli stimoli monetari come una soluzione. Servono politiche di riforme strutturali, come richiesto da Draghi e soprattutto politiche fiscali che potenzino la crescita.

Buona parte degli stati mondiali, grazie ai tassi molto bassi, possono indebitarsi molto al di sotto della media di lungo periodo, e questa liquidità può essere usata per un “easing fiscale” e per aumentare gli investimenti. Le riforme strutturali sono fondamentali per riequilibrare le disparità economiche generatesi in questi anni e permettere una più equa distribuzione della ricchezza e del consumo.

Grafico – Grado di riforme strutturali implementate

 

Le riforme fiscali possono potenziare gli investimenti e ridurre i carichi che gravano sulle aziende e sui lavoratori, in modo da migliorare l’occupazione e nuovamente, il consumo.

Grafico – Investimenti del piano Junker

 

Il piano Junker, attivato da ormai qualche mese in Europa, che serviva andare in questa direzione, sembra non riuscire a dare spinta agli investimenti e la sua implementazione è molto sotto le attese. La speranza dell’OECD è che possa essere sfruttato al meglio dai paesi membri nei prossimi mesi del 2016.

L’Europa, secondo l’OECD, che ha un’importanza elevata nel GDP mondiale, deve iniziare a parlare con un’unica voce, sia a livello politico che fiscale oltre che monetario.

 

Grafico – Impatto della situazione incerta in Europa sul mondo

 

Il rallentamento globale dell’Europa nonostante le politiche monetarie espansive, impensabili poco più di un anno fa e già considerate insufficienti, il problema rifugiati, la suddivisione politica e le politiche fiscali non unitarie, stanno costituendo un problema sia a livello europeo che globale.

L’Europa in questo contesto risulta molto fragile e facilmente colpibile da shock economici o geopolitici anche esterni. La sua debolezza la si vede dalla performance del mercato finanziario da inizio anno, ferito soprattutto nel settore bancario. E si evince anche dagli spread tra paesi core e periferici che si sono allargati nuovamente rispetto al trend di restringimento.

Paesi come l’Italia a bassa crescita, alta disoccupazione rispetto alla media e alto debito, al rialzo dei tassi possono avere grossi problemi sia a pagare gli interessi che a rifinanziare il debito (pur ridotto nel 2016).

Inoltre a Bruxelles si sta combattendo una battaglia sul debito del proprio stato in pancia alle banche, battaglia molto cara al nostro paese visto che molti miliardi di debito pubblico sono in possesso delle banche nostrane.

L’ipotesi che inizia a farsi strada negli ambienti degli addetti ai lavori è quella di una possibile ricaduta dell’Europa dopo il 2011. Quando un sistema è altamente instabile basta poco per farlo cedere.

Probabilmente la politica dovrebbe smetterla di ragionare per urgenze e voti, e ritornare a ragionare per obiettivi di medio termine. In fondo i banchieri centrali non potranno fare il lavoro che spetta alla politica per sempre.

L’europa, che ovviamente ha capito tutto, proprio in queste ore con i suoi primi ministri ha litigato sul discorso profughi. Il discorso profughi è un litigio politico, non economico, a differenza dei numerosi litigi a cui siamo stati abituati in questi anni.

E’ un litigio di “voti” e non di soldi, e quindi la battaglia è molto agguerrita e forte, visto che a questo i politici sono più sensibili che non ai soldi stessi.

Ne sono usciti con finta unità, ma è chiaro che l’Europa a ogni discussione sembra sempre sull’orlo del baratro.

Draghi sicuramente sarà contento di vedere questa forte “unità” politica.

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